È una ricetta piemontese che ci riporta indietro nel tempo, fino al 14 giugno del 1800, quando il cuoco personale di Napoleone, lo svizzero François Dunand, fu chiamato a preparagli qualcosa da mangiare per festeggiare la vittoria nella Battaglia di Marengo, che vide le truppe francesi e quelle austriache sfidarsi per il controllo dell’Italia Settentrionale. Dunand mandò i suoi aiutanti a rubare nelle cascine qualche ingrediente per la cena e così, con un paio di galline, un po’ d’olio e di farina, preparò quello che sarebbe diventato uno dei piatti più famosi della tradizione italiana: il pollo alla Marengo. Il piatto piacque a tal punto al futuro imperatore che da allora se lo fece cucinare al termine di ogni battaglia vinta.

Come spesso accade per le pietanze celebri, oggetto di ‘variazioni sul tema’ e reinterpretazioni da parte degli chef, non è facile risalire alla ricetta originale. Una delle più semplici fu descritta da Pellegrino Artusi nella sua opera La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene (1891): “Prendete un pollo giovane ed escludendone il collo e le zampe, tagliatelo a pezzi grossi nelle giunture. Mettetelo alla sauté – una casseruola larga e bassa che veniva utilizzata per friggere, ndr – con grammi 30 di burro, una cucchiaiata d’olio e conditelo con sale, pepe e una presa di noce moscata. Rosolati che sieno i pezzi da una parte e dall’altra scolate via l’unto e gettate nella sauté una cucchiaiata rasa di farina e un decilitro di vino bianco. Aggiungete brodo per tirare il pollo a cottura, coperto, e a fuoco lento. Prima di levarlo dal fuoco fioritelo con un pizzico di prezzemolo tritato e quando è nel vassoio strizzategli sopra mezzo limone”.
Una preparazione semplice, quindi, che non ha niente a che vedere con la sontuosa rielaborazione fatta in seguito dal cuoco francese Auguste Escoffier – e pubblicata nella sua Guide Culinaire del 1901 –, che oggi compare nei ristoranti del Piemonte e d’Oltralpe: il pollo, dopo essere stato rosolato in padella con aglio e olio, viene cotto con polpa di pomodoro, gamberi di fiume e funghi porcini e poi servito su un piatto da portata con crostoni di pane fritto e uova fritte. Ma è difficile immaginare che le campagne piemontesi dell’estate del 1800 – messe a dura prova da un inverno lungo e piovoso e dalle continue razzie dei soldati – fossero così ricche: è da escludere, ad esempio, la presenza dei pomodori, che nel XIX secolo erano coltivati soltanto nel Meridione d’Italia, così come quella dei funghi, tipicamente autunnali. Rimane incerto l’uso delle uova e dei gamberi, che forse qualcuno si spinse a raccogliere nei torrenti della zona, ma questa ipotesi appare comunque poco probabile.
Una curiosità. Il Pollo alla Marengo è protagonista anche di un’avventura a fumetti targata Disney, “Topolino e il Pollo alla Marengo”, pubblicata il 29 gennaio 1989, scritta e illustrata dal fumettista Giampiero Ubezio che si lasciò ispirare proprio dal famoso piatto.
La ricetta
La ricetta
Ingredienti per 4 persone
Un pollo intero pulito e tagliato a spezzatino
Qualche cucchiaio di farina
Una decina di gamberi di acqua dolce
4 uova
4 fette di pane fresco
Uno spicchio d’aglio
Olio extravergine di oliva
Brodo vegetale q.b.
Un bicchiere di vino bianco secco
Prezzemolo tritato
Un pizzico di noce moscata
Sale e pepe q.b.
Procedimento
In una casseruola fate soffriggere l’olio con l’aglio, unite il pollo infarinato, la noce moscata, sale e pepe. Fate rosolare per qualche minuto, poi sfumate con il vino bianco, continuando la cottura con un po’ di brodo vegetale caldo. Poco prima di spegnere il fuoco aggiungete i gamberi e fateli cuocere. In un tegame a parte friggere le uova. In un piatto da portata sistemate le fette di pane con sopra le uova e intorno il pollo con i gamberi. Servite con una spolverata di prezzemolo tritato.